Un percorso artistico per indagare l’estetica delle rovine.

Aprirà il 14 dicembre prossimo a Palazzo Fortuny di Venezia la mostra “FutuRuins. Il corpo e la pietra”.

Si può parlare di “estetica delle rovine”? Sì, se guardiamo alla rovina come ad un punto di passaggio tra passato e futuro, tra memoria e presente, tra civiltà e natura.

Non è un caso che – soprattutto dal Romanticismo in poi – le rovine siano stati tra gli elementi più presenti nell’arte e nella letteratura occidentale. La mostra “FutuRuins. Il corpo e la pietra” a Palazzo Fortuny parte proprio da questo presupposto e offre al visitatore un allestimento che analizza il significato delle rovine attraverso i secoli, spaziando dalla mitologia all’arte contemporanea.

Vedremo opere in cui le rovine sono segno dell’ira divina (come la Torre di Babele) e del decadimento degli imperi (con riferimento in particolare all’impero romano). Ci saranno tuttavia riferimenti a rovine più recenti, come quelle causate dalle guerre mondiali e dagli attacchi terroristici alle Torri Gemelle nel 2001.

La rovina della costruzione dell’uomo assume così molteplici significati: la caducità dell’esperienza umana, certo, ma anche la sua ciclicità, in un alternarsi di fasi di decadenza e di rinascita.

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